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Potenzialità di ottimizzazione e automazione dei processi aziendali nelle società di ingegneria

Agosto 2025 | Matteo Fogli

L’AI è uno slittamento di paradigma

L’intelligenza artificiale ha smesso da tempo di essere solo un orizzonte futuribile. Oggi è una realtà che interviene con impatto crescente nei processi operativi di molte organizzazioni, portando con sé uno spostamento radicale del paradigma con cui vengono affrontate le sfide dell’efficienza e dell’automazione. Questa trasformazione non è lineare né omogenea, ma avanza per ondate, contaminando settori e funzioni in modo disomogeneo ma profondo. Anche il mondo dell’ingegneria è chiamato ad affrontare questo cambiamento.

Le società di ingegneria, infatti, tradizionalmente orientate all’ottimizzazione tramite miglioramento incrementale, oggi hanno l’opportunità concreta di ripensare il modo in cui progettano, pianificano e gestiscono i processi aziendali. L’adozione dell’AI non si limita a semplificare attività ripetitive: permette di ridisegnare interi flussi operativi, estendendo l’automazione a contesti prima ritenuti troppo complessi, specifici o variabili per essere digitalizzati.

I vantaggi sono evidenti su più fronti: in termini di costi, grazie alla possibilità di sviluppare micro-soluzioni su misura, rapide ed efficaci anche per task limitati nel tempo. In termini di qualità, attraverso strumenti che aumentano la coerenza, riducono l’errore umano e abilitano controlli automatici in tempo reale, e sul piano della compliance, con sistemi che rendono più trasparente e tracciabile ogni fase del processo, riducendo i margini di rischio normativo.

Ottimizzazione dei processi e democratizzazione dei dati

Per anni, l’automazione è stata considerata un tema confinato all’ambito dell’ufficio, dominato da fogli Excel collegati, email automatiche e tool gestionali preconfigurati. Un insieme di strumenti utili, certo, ma limitati nella loro capacità di rispondere alla varietà e complessità dei processi reali. L’intelligenza artificiale oggi scardina questa visione, aprendo la possibilità di automatizzare attività che prima non erano formalizzabili, o la cui digitalizzazione risultava troppo onerosa in termini economici o organizzativi.

Questa evoluzione si muove lungo un percorso che possiamo leggere in tre livelli.

  • Il primo è rappresentato dall’automazione classica, basata su strumenti standard come Excel, Outlook, ERP, Power Automate o Copilot. In questo contesto, si automatizzano compiti ripetitivi, ma solo dove esistono regole chiare, dati ordinati e strutture prevedibili. È il livello più diffuso, ma anche quello con minore flessibilità.
  • Il secondo livello è quello dell’automazione intelligente, in cui l’intelligenza artificiale entra in gioco per analizzare documenti, conversazioni e dati non strutturati. In questa fase, l’automazione non si limita a replicare istruzioni, ma diventa capace di apprendere dal contesto e adattarsi. Qui emergono soluzioni nuove, come i software “effimeri”, creati per risolvere problemi specifici, in tempi rapidi e con un ciclo di vita molto breve. Sono strumenti “usa e getta”, che magari durano solo poche settimane, ma generano in quel tempo un valore superiore al loro costo di sviluppo.
  • Il terzo livello rappresenta un vero e proprio cambio di paradigma: è il momento in cui iniziamo a delegare alla macchina non solo l’azione, ma anche parte del ragionamento. Sistemi capaci di estrarre requisiti tecnici da un capitolato, generare bozze di documentazione, supportare la pianificazione o prendere decisioni operative entro vincoli e contesti definiti. È una fase che richiede supervisione e responsabilità, ma che abilita un salto di qualità nel modo di pensare i processi.
  • In questo contesto, la vera svolta sta nella progressiva “democratizzazione del codice”. Fino a pochi anni fa, parlare di AI significava coinvolgere team specializzati, grandi volumi di dati e investimenti importanti. Oggi, grazie alla disponibilità di strumenti no-code e low-code, e all’accessibilità di modelli pre-addestrati nel cloud, anche una realtà costituita da 15 o 20 persone può automatizzare in autonomia una parte significativa del proprio flusso operativo.

    Processi AI-ready per l'ingegneria

    Anche nel mondo dell’ingegneria quei processi che fino a poco tempo fa venivano etichettati come di “office automation” oggi non bastano più. L’intelligenza artificiale richiede un salto di prospettiva: non si tratta solo di digitalizzare l’esistente, ma di ridefinire le attività partendo dai dati. La qualità, l’accessibilità e la pervasività dell’informazione diventano elementi chiave. Un processo AI-ready non è solo quello che può essere automatizzato, ma quello in cui i dati possono essere letti, interpretati e utilizzati per prendere decisioni in modo più efficiente e scalabile.

    Oggi le imprese di ingegneria, che operino in ambito edilizio, impiantistico o infrastrutturale, si muovono in un contesto ad altissima pressione competitiva. Le gare al massimo ribasso, la richiesta di requisiti tecnici sempre più dettagliati e gli obblighi documentali stringenti non sono eccezioni, ma diventano la regola. Contemporaneamente, la complessità intrinseca dei progetti cresce in modo esponenziale: la progettazione integrata, l’intreccio di normative differenti e l’esigenza di tracciabilità avanzata richiesta da enti e clienti impongono nuovi standard operativi.

    In questo scenario, l’automazione basata sull’AI rappresenta una risposta concreta a sfide strutturali: può alleggerire i carichi interni, aumentare l’efficienza su attività chiare e ripetitive e restituire tempo e attenzione ai team tecnici per concentrarsi su ciò che davvero conta. Pensiamo all’analisi dei capitolati, alla gestione della documentazione di cantiere, all’estrazione dei requisiti tecnici e alla verifica automatica dei materiali inviati: si tratta di processi nei quali l’intelligenza artificiale può intervenire con un’utilità tangibile, misurabile e immediata nell’ambito dell’ingegneria civile.

    Costruire valore richiede un approccio incrementale

    Naturalmente, questo percorso che abbiamo descritto non è esente da complessità. Per rendere sostenibile e scalabile l’introduzione dell’AI è necessario un approccio incrementale, che parte da piccoli obiettivi e individua le persone chiave capaci di guidare il cambiamento. Serve una visione pragmatica, capace di coniugare la comprensione del dato con le dinamiche organizzative e le specificità del settore.

    In questo senso, l’AI non va intesa come un sostituto del lavoro tecnico, ma come un acceleratore della sua efficacia. Laddove prima automatizzare un processo variabile era economicamente insostenibile, oggi è possibile intervenire soluzioni più accessibili e scalabili, capaci di adattarsi al contesto. L’effetto è duplice: riduzione dei costi operativi e aumento della qualità complessiva, con un impatto diretto sulla competitività aziendale.