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La leadership nell’era dell’intelligenza artificiale generativa

Febbraio 2025 | Eleonora Speziali, HR Manager, Orbyta

Il XX secolo, con le sue rivoluzioni, aveva già evidenziato la stretta connessione tra il progresso tecnologico e gli stili di leadership. Dai sistemi di comando-controllo, adatti ad ambienti in cui la logica binaria è prevalente, si sono delineati via via paradigmi come il leader-coach e modelli simili, che, maggiormente efficaci in modelli organizzativi più orizzontali e agili, hanno spostato l’attenzione dal sapere e dalla conoscenza tecnica all’enfasi su aspetti distintivi e trasversali come ascolto attivo, intelligenza emotiva, orientamento al cambiamento, visione ispiratrice.

Oggi, nella trasformazione digitale pervasiva che stiamo vivendo e di cui non sappiamo ancora definire né misurare l’impatto, diventa urgente pensare a quali caratteristiche siano e saranno più adatte ad accompagnare e potenziare i nuovi scenari che stiamo aprendo. Non per sostituire ciò che funziona ma per aggiungere, ampliare, migliorare.

L’accessibilità dell’intelligenza artificiale generativa, l’infodemia, la rapidità del cambiamento, chiedono attenzione e un’importante ridefinizione di mindset per gestire il loro impatto sui team. Manager e leader si trovano oggi a guidare gruppi di composti da “intelligenze” diverse, attori differenti, alcuni umani, altri no che si influenzano a vicenda, trasformando output e dinamiche. Operano in ambienti complessi, in cui tutte le variabili sono fortemente interconnesse, in completa antitesi all’approccio del “one best way”.

Quali competenze allora servono per guidare persone e progetti in un ambiente così difficile da prevedere e controllare, in cui l’intelligenza artificiale ci ricorda costantemente la nostra permutabilità? Quali ancore abbiamo che ci possono aiutare a stare nella trasformazione ed essere parte della sua creazione?

La strada per trovare qualche risposta la cerco nelle figure dei Giganti, da Isamil al Jazari a Ada Lovelace Byron: cosa distingue chi ha nei secoli disegnato il progresso? Cosa ci servirà domani?

Per rispondere a queste domande ho identificato tre punti essenziali, su cui ritrovo continuità nelle diverse ricerche e biografie: l’immaginazione, la capacità di stare nella trasformazione più che capirla, la capacità di costruire guardrails.

Immaginazione

Arriva come prima parola chiave. È uno dei tratti distintivi degli esseri umani, una forma di pensiero, indipendente da regole fisse e legami logici che ci aiuta a delineare nuovi modi per unire aspetti disgiunti, risolvere problemi, e che precede spesso la conoscenza.

È un processo cognitivo che riguarda il possibile, è il repertorio del potenziale, dell’ipotetico (come la descrive Calvino in Lezioni americane) e consiste proprio nella capacità di rappresentarsi qualcosa che non c’è o che non c’è ancora.

L’immaginazione è connessa alla capacità di prefigurarsi futuri che ancora non esistono individuandoli tra quelli più desiderabili in uno scenario extra-ordinario. Significa riuscire a rendere visibili le possibilità che più si desiderano realizzare.

Una crisi dell’immaginazione aumenta insensatezza e spaesamento.

Oggi abbiamo bisogno di nuovi modi di pensare, di immaginare scenari inediti e soluzioni innovative, uscendo dalle maglie della razionalità e del conformismo.

Understanding trasformation: semplificazione e complessità

Nella Pietra della Follia, Labatout usa un’immagine stupenda, descrivendoci come martin pescatori che si immergono ad occhi chiusi, storditi dall’impeto con l’acqua. Siamo lanciati in corsa, senza solide previsioni sul futuro, apparentemente liberi ma persi.

Rapidità, complessità, imprevedibilità, espropriazione sono ricorrenti nelle storie su ciò che ci fa paura del progresso. Perdiamo controllo, si affievoliscono certezze, perdiamo il senso.

Anche in questo caso, la postura scientifica -intesa come l’atteggiamento intellettuale e metodologico che presuppone apertura mentale, rigore e umiltà- può venire in aiuto, anche in campo più umanistico e trasversale. Diventa un modo di porsi nella trasformazione e nella ricerca.
Conosciamo gli schemi che hanno funzionato in passato, ma devono essere riconfermati dalle nuove variabili poiché le soluzioni dipendono sempre dal sistema di riferimento e oggi, il nostro, è cambiato notevolmente.

Studiare, approfondire, sperimentare, è un modo di stare nella trasformazione, alla ricerca non di verità assolute ma di un punto di vista che meglio risponde alle nostre domande, nei nostri contesti.

Servono tempo e intenzione per conoscere e comprendere. Le leve più potenti per l’apprendimento, le origini della nostra spinta a conoscere, sono i momenti in cui dichiariamo di non sapere e quando commettiamo errori.

Chi fa ricerca, non coglie in nessuno dei due casi un valore morale, una dichiarazione di vulnerabilità o debolezza, quanto piuttosto modi per proseguire la ricerca, raddrizzare il procedimento logico o persino cambiarlo. Modi che ci permettono di abitare l’incertezza e di misurarla.

Guardrails

Per poter guidare nella trasformazione un altro aspetto centrale è la capacità di individuare confini e regole, per creare ambienti in cui la sperimentazione e l’adattamento possano avvenire in maniera responsabile e sicura.

Il termine tecnico guardrails, usato soprattutto quando parliamo dei modelli linguistici di grandi dimensioni, rende nitida la loro esatta funzione: garantire che i modelli operino in conformità con gli standard, le politiche e i valori aziendali.

Accompagnano il percorso, lo limitano nei punti più rischiosi. L’immagine asseconda l’idea di regola come processo, non come uno stato, come qualcosa di immutabile.

Nel nuovo scenario abbiamo bisogno di comprendere e definire di quali regole -e quindi di quali processi- abbiamo bisogno per garantire la tenuta dei pilastri che abbiamo messo a fondamento delle nostre organizzazioni.

Abbiamo bisogno di disegnarle tenendo insieme prospettive diverse, poiché un sistema di regole serve a fa convivere le sue diverse componenti. Per questo la costruzione di gruppi multidisciplinari, che valorizzano la pluralità di punti di vista e interessi, porta a lavorare per semplificare e permette di identificare l’essenziale.

Tuttavia, uno dei punti di partenza più interessanti per definire i nuovi sistemi di regole è cercare di rispondere alla domanda: che realtà disegneranno?

Le paure e il disagio che possiamo provare di fronte al progresso tecnologico, penso siano utili se usate per quello che ci indicano: il bisogno di riconoscerci utili e unici nelle nostre umane caratteristiche, l’attenzione che è necessario avere per progredire, far evolvere e trasformare, mettendo in sicurezza ed evitare il verificarsi di ciò che non vogliamo.

La curiosità, quel moto che spinge a cercare ciò che non si conosce, le domande che si scelgono per cercare risposte a dubbi e necessità, la capacità di contestualizzarle in base all’ambiente, la scelta di disegnare scenari e definire le regole per realizzarli, credo siano oggi i punti centrali per un leader. Un architetto di mondi possibili.